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ERASMUS+ Training Course a Dyiarbakir, Turchia, il racconto di Nicla

    ERASMUS+ Training Course a Dyiarbakir – Turchia 1o-17 Giugno 2015

    Create Equal Opportunities in Cultural Diversity

    Durante la settimana trascorsa nel piccolo paese di Hani, a pochi km da Diyarbakir, si é svolto il training course Erasmus+ “Create Equal Opportunities in Cultural Diversity”. Diyarbakir é una tra le cittá piú grandi del sud-est della Turchia, nonché capitale curda. Svolgere il training course proprio lí dove si parla sia turco che curdo per me ha significato molto.

    Venticinque persone dai 18 ai 60 anni hanno preso parte al progetto, compresa me. Otto i paesi coinvolti. Lingue, culture e abitudini diverse, insieme per una settimana.
    Il primo giorno non é stato facile, per nessuno. Bagni alla turca, moquette colorata, piedi scalzi e thé caldo a tutte le ore. Al secondo giorno, personalmente io mi ero giá abituata.
    Durante il corso abbiamo svolto attivitá ludiche che avevano come scopo quello di farci conoscere meglio ma anche di capire le nostre diversitá. C’era chi aveva giá partecipato a training course precedentemente e chi, come me, era tabula rasa. Per questo semplici attivitá come capire la differenza tra educazione formale, informale e non formale, sono servite a molto. Il tutto sempre inventando nuovi metodi per spiegarlo agli altri.
    Ci si divideva sempre in gruppi, ogni volta i gruppi erano diversi, in modo tale che ognuno lavorasse e parlasse sempre con gente diversa. Perché amalgamarsi é importante.


    Due attivitá mi hanno colpito in particolare: la prima é stata quella di dover descrivere la propria vita attraverso il disegno di un fiume. Poi ci siamo divisi negli usuali gruppi per raccontare le proprie vite. É stato un momento molto bello e profondo, perché non sempre é facile raccontarsi.

    La seconda attivitá é stata quella di fingere un consiglio comunale, con sindaco, esponenti politici di due partiti opposti l’uno all’altro, uomini d’affari, comunitá studentesche e giornalisti. Ognuno aveva un
    compito ben preciso assegnatoli e il tema di discussione era se costruire o meno una Universitá nella capitale della fittizia Repubblica delle Banane che unisse le due etnie diverse che ci vivevano all’interno. L’etnia dei “peanuts” di cui facevo parte erano fortemente opposti a questo progetto, al contrario dell’etnia dei “cherry” molto favorevoli. Nel consiglio si discuteva se approvare o meno il progetto di costruzione dell’Universitá comune. Il dibattito diventa veritirero, molti si sentono il ruolo cucito addosso, e altri no. Personalmente io ero esponente del partito radicale dei “peanuts” che ha fatto di tutto per impedire il progetto e quindi contraria all’inserimento della comunitá dei “cherry” con la mia. Un ruolo lontano anni luce dal mio modo di vedere la vita, date anche le mie passate esperienze universitarie di difesa dei diritti degli studenti. Eppure ho dovuto adeguarmi al ruolo assegnatomi. Ho fatto uno sforzo enorme e ricordo di aver detto agli organizzatori che questo “gioco” non mi piaceva affatto.
    Alla fine il sindaco, grazie alle nostre insistenze e ai media che hanno pilotato la questione, ha deciso di non costruire l’Universitá. Ci eravamo riusciti. Se penso che questo “gioco” possa essere traslato nella realtá potrebbe avere degli effetti devastanti. Guardiamo agli eventi che accadono in paesi come Siria, e agli eterni conflitti tra Israele e Palestina. Nella stessa Turchia spesso tra turchi e curdi non c’è stato buon sangue. La comunitá armena é stata distrutta.
    Quest’attivitá mi ha portato a riflettere sugli enormi interessi che possono esserci dietro questi apparenti giochi di potere, sui conflitti che spesso sono creati ad hoc sulla religione, ma che di religione non hanno niente a che fare, e dividono la popolazione.
    Una settimana inTurchia é volata, si creano nuovi e bei legami con gli altri partecipanti, con gli organizzatori stessi che si mettono a tua completa disposizione. Forse una settimana é anche poco, poiché gli approfondimenti su un tema cosí delicato, come quello delle differenze culturali, da sviscerare in poco piú di una settimana (se togliamo il primo e l’ultimo giorno per il viaggio) sono molteplici e c’é tanto da lavorare.

    Nicla Limongelli