Crocaca di una di quelle esperienze che ti cambiano la vita
Nella vita di ognuno di noi ci sono varie esperienze ma solo alcune di queste ti segnano in modo indelebile, beh l’Erasmus+ è una di quelle.
Partiamo subito da un presupposto: più o meno tutti sappiamo cos’è il programma Erasmus e conosciamo le meravigliose opportunità che concede, ma, se dovessi chiedere a 100 persone “cos’è l’Erasmus+?” Sono convinto che una buona parte non saprebbe cosa rispondere. Proprio da qui voglio partire, ossia spiegare cos’è l’Erasmus+. Si tratta di un programma finanziato dall’Unione Europea che permette a chi decide di parteciparvi di fare un breve soggiorno in un Paese straniero per partecipare ad uno scambio culturale il cui fine ultimo è una maggiore conoscenza e coscienza del tema oggetto dello scambio.
La cosa più interessante è che a questa maggior conoscenza non si arriva attraverso l’insegnamento frontale, che per intenderci è quello tipica dell’istruzione dalle elementari all’università, in cui il professore spiega e gli alunni ascoltano, ma grazie al sistema dell’educazione non formale; ciò significa che sono gli stessi partecipanti ai progetti ad essere i “professori” ma, allo stesso tempo sono anche gli alunni, l’obiettivo finale è quello di promuovere la collaborazione tra persone che non solo non si conoscono ma che vengono da Paesi diversi e quindi sono figli di culture diverse. Per arrivare a questo risultato sarete “obbligati” a vivere, mediamente, 7/10 giorni nello stesso posto con sconosciuti provenienti da nazioni che, magari, potreste non essere nemmeno in grado di trovare su una cartina.
Ora la domanda che vi starete ponendo tutti è: ma perché dovrei decidere di partecipare ad un progetto del genere? La risposta sta nella mia esperienza: ho scoperto la realtà dell’Erasmus+ a 24 anni e mi pento di non averli scoperti prima. La prima volta che sono partito non ero molto convinto che potesse essere qualcosa di utile e divertente, beh… 8 giorni dopo ero nella hall di un albergo a Razlog, tra le montagne bulgare, alle 5 di mattina per salutare il gruppo di ragazzi albanesi che si apprestavano a fare il loro viaggio di ritorno, ci siamo salutati come se ci conoscessimo da una vita.
La stessa cosa è successa nell’ultimo progetto a cui ho partecipato. Quando l’ultimo giorno abbiamo preso l’autobus per andare verso Sofia c’era un’atmosfera strana: un misto di gioia e di tristezza, un silenzio irreale, era come se stessimo tutti metabolizzando il fatto che di lì a poco non ci saremo più rivisti. Oltre ad una presa di coscienza su tematiche serie questo è quello che vi rimarrà dopo aver partecipato ad un progetto: le persone ed i rapporti umani. Vi renderete conto che potrete andare in tanti Paesi diversi senza mai sentirvi soli, avrete la possibilità di fare tante nuove amicizie e di conoscere tante culture diverse, è un’opportunità unica che non va sottovalutata.
Alla fine della fiera, i consigli che mi sento di darvi sono tre: partire, essere mentalmente aperti ed essere curiosi. Vi garantisco che non vi pentirete di questa scelta, anzi probabilmente farete quello che ho fatto io ossia incazzarvi per non essere partiti prima.
Infine, com’è giusto che sia, devo fare un ringraziamento particolare ai ragazzi di Beyond Borders, l’associazione che mi ha permesso di tornare in Bulgaria a settembre per fare il mio secondo progetto. Se non fosse stato per loro e per le ragazze dell’associazione bulgara Connected for Future ora avrei meno amici sparsi per l’Europa e questo sarebbe un grande dispiacere.
Con affetto e convinzione che partirete anche voi che leggete.