Fin ora le migliori esperienze fatte sono quelle non programmate, quasi inaspettate, e anche questa volta la Turchia ne da conferma.
Avevo sentito parlare del programma “Erasmus+” da un mio caro collega, ed è stato proprio lui a parlarmi di questa possibilità. D.J. sa benissimo quanto ami viaggiare e conoscere nuovi Paesi e nuove culture, e sa anche che spesso sono in cerca di corsi e opportunità in cui possa arricchire le mie conoscenze sulle tematiche riguardanti i diritti umani, trattandosi di tematiche che affronto quotidianamente nel mio lavoro. Alla voglia di partecipare ad un progetto come questo, si aggiungeva la curiosità di conoscere la Turchia che, da qualche tempo, era sulla mia “to do list” dei posti da conoscere.
Era il mix perfetto, non ci penso troppo e mi candido! Passano i giorni ed ancora nessuna risposta, ma ero ancora speranzosa. Una settimana prima dell’inizio del progetto, finalmente arriva la isposta, sono stata scelta. Il tempo per organizzarsi è breve, brevissimo. Cerco i biglietti più convenienti e chiedo le ferie al lavoro. Nel giro di qualche ora ero pronta a partire, almeno mentalmente, le valigie, come al solito, le lascia per l’ultimo giorno (confesso, per la mattina prima del volo).
Il progetto “Erasmus+” in questione era un Training di una settimana dal titolo “Community-Based Paralegals : New Tactics on Human Rights” che si è tenuto ad Andalia, città della Turchia situata sul golfo di Adalia.
Adalia è una città pittoresca, capace di farti ammirare contemporaneamente il Mar mediterraneo con le spiagge primaverili, quasi estiva, e le montagne innevate che lo circondano, quasi ad abbracciare le sue coste. Una città che ti riempie gli occhi di colori, che ti immerge in profumi di spezie ed essenze orientali, una città che ti fa sentire le tradizioni della sua cultura in una combinazione perfetta tra occidente ed oriente.
Il posto in cui si è tenuto il training ha questa posizione privilegiata che, con il solo affacciarsi alla finestra, ti permette di ammirare questo spettacolo, che diventa ancora più magico all’alba, quando la città dorme ancora e la chiamata alla Moschea diventata quasi una melodia.
Ma, procediamo con ordine:
Sono arrivata ad Andalia il 15 dicembre alle 2 di mattina e, dopo aver girato l’aeroporto in lungo e in largo, finalmente trovai il punto di ritrovo dove Atila mi stava aspettando. Saliamo in macchina giusto in tempo prima di essere travolti dalla pioggia, che ha reso il viaggio verso l’hotel un’avventura tra le pozzanghere – piscine (tanto diversi dopotutto non siamo) e GPS che, come ben si sa, sceglie sempre le strade più tortuose ma, anche questo rende i viaggi divertenti ed unici.
Dopo qualche ora di un sonno ristoratore, mi sveglio e nell’attesa degli altri partecipanti dedico la giornata a conoscere i dintorni. Ancora non mi sembrava vero di essere in Turchia!
Ero da poche le ore in questa terra ma due cose mi avevano già colpito, due immagini che saranno sempre presenti nei sette giorni in cui sono stata ospite di questa terra magica: il patriottismo turco – ho visto bandiere in ogni dove, appese alle finestre delle case, nei negozi, nelle auto, auto che sembravano bandiere – e i gatti che dominano elegantemente le strade della città.
Poco a poco iniziano ad arrivare anche gli altri partecipanti e il gruppo si va formando. La mattina del lunedì la squadra era pronta ad iniziare: eravamo un gruppo di 26 persone fantastiche, molto diverse le une dalle altre per età, culture, esperienze ma eravamo tutti curiosi, curiosi gli uni degli altri, delle esperienze altrui, di quello che potevamo imparare dialogando, confortandoci, discutendo il tutto in un ambiente che, sin da subito, si è rivelato accogliente e pieno di fiducia, fiducia che non saremmo stati giudicati, ma ascoltati e capiti o quanto meno compresi nelle nostre idee ed opinioni, . Questo ci ha permesso di essere noi stessi.
La settimana è passata velocemente: dalle 10.00 alle 17.00 eravamo impegnati con i workshop. Dalle 17:00 finché le palpebre reggevano il tempo era tutto per noi, d’altronde prima il dovere e poi il piacere, anche se in questo caso anche il dovere è stato, in se, un piacere.
Onur e Mariano sono stati relatori bravissimi, ognuno con il suo particolare tocco, un po’ turco un po’ spagnolo, e hanno saputo coinvolgere il gruppo in ogni attività.
Allo stesso modo, il tempo di svago è stato prezioso: prezioso per conoscere Andalia, che se di giorno è bellissima è alla sera che da il meglio di se. Andalia l’ho conosciuta a mio modo: perdendomi, per poi ritrovarmi piena di ricordi, di sapori e profumi un po’ orientali, un po’ occidentali, infatti è stato solo perdendomi tra i suoi variopinti vicoli e conversando con i venditori dei bazar che, tra una tisana e l’altra, mi un Andalia autentica, romantica, vera, un Andalia che, con un semplice “giro turistico” non può conoscere.
Così il progetto giungeva alla fine: importanti le nozioni imparate (ho perfino trovato il tema per la mia tesi) ma, ancora più importanti i legami creati e le nuove consapevolezze. Perché per me, questa esperienza è stato un continuo scoprire e scoprirmi. Come per altri scambi e/o corsi ero partita concentrandomi sul lato “teorico” dell’esperienza, ero emozionata da cosa avrei appresso, così decisi che se dovevo scegliere tra quaderno degli appunti e macchinetta fotografica, questa volta sarebbe rimasta a casa, e mi sarei fata bastare i pixel del cellulare ma, le mie aspettative sono state stravolte del tutto e ciò che ho appreso non si può fotografare e tanto meno appuntare su fogli anonimi.
La Turchia mi ha insegnato che l’Europa è un insieme di culture e popoli variopinti e diversi, che possono e sanno convivere gli uni con gli altri, come nei tappetti appesi ai Bazar, dove geometrie e colori distinti si uniscono a formare arte.
Sono pronta per una nuova esperienza!