Giorno 50: quasi 2 mesi son passati, qui, tra queste quattro mura.
Il timore della pandemia che dapprima ha stupito e trovato scetticismo e poi ha fatto ingessare un po’ tutti col salire dei morti, dopo le prime settimane non ha sovrastato lo spirito d’evasione.
S’è provato di tutto:
Da un’ agognata missione al supermarket, a tentativi di jogging in tenuta mimetica per le zone semi-rurali (nel caso qualche forza dell’ordine non approvato tale scelte salutiste)… non ne son troppo fiero, ma addirittura consideravo di ricercare un servizio di dog-sharing per far qualcosa fuori casa/ricevere due coccole.
Per un giovane universitario europeo aperto al mondo ed alla vitalità non è stato affatto facile starsene in pantofole coi propri genitori, specie se negli ultimi due anni ha scoperto il mondo Erasmus+ (con tanti rimpianti di non averlo fatto prima) e se ne è letteralmente cibato viaggiando e scoprendo il più possibile.
Passare da questo mio “nuovo scoppiettante equilibrio” ad un altro imposto;
Da visitare circa tre nuove nazioni all’anno, conoscere decine di persone straordinarie ad ogni progetto e vivere costantemente nuove stimolanti esperienze;
A viaggiare dal letto al tavolo con scalo bagno, rivedere sempre i soliti tre volti sempre più imbronciati e sbattere la testa sui libri di esami non così tanto di mio gradimento che chissà quando e come avrei dato…
Odio le imposizioni, la monotonia, l’assenza di vitalità e socialità.
Eppure son qui, che fare?
Routine e tabelle per organizzare lo studio: quasi mai rispettate, rischio di diventare un drogato di serie tv: alto, voglia di fare dopo le prime settimane di reclusione: bassissima.
Ecco però inaspettata la svolta investirmi mentre ero apaticamente steso sul divano a ripetermi come non avrei passato esami manco da casa, o fatto null’altro al meglio di me stesso.
Ho sentito una vocina che mi disse: “grattato il fondo non puoi andare più giù, se lo vuoi puoi però darti lo slancio per risalire, per muoverti anche più velocemente di come avresti fatto se non fossi arrivato così in basso ”.
Mi son sentito, seppur titubante, colmo di speranza, più consapevole del fatto non tutti i mali vengono per nuocere e soprattutto che “tutto scorre”, non bisogna abbattersi ma reagire propositivamente.
Questo non è tempo da buttare, se vogliamo possiamo: riscoprire le nostre vere ambizioni ed obiettivi, ritagliarci più tempo per riflettere su vecchi errori e nuove prospettive, dedicarci ai nostri sogni nel cassetto e alle passione rilegate al “se potrò”, crescere temprati da una sfida a cui non ci saremmo forse sottoposti volontariamente altrimenti, quella conto noi stessi.
Ognuno vive diversamente questo periodo, per alcuni è indifferente e per altri una transizione triste e greve, è giusto elaborare a modo proprio.
Se vogliamo, però, possiamo continuare a sognare in grande anche se soli in tuta sul divano, a volerci bene anche con qualche chilo da “serata panzerotti fatti in casa” in più, a lavorare sodo seppure in pijama per un futuro che abbiamo sempre voluto o solo ora riscoperto/ammesso a noi stessi,
a viaggiare anche se in pantofole.
Perché si sa: “ogni viaggio, anche il più lungo, inizia da un primo passo, anche il più piccolo”; nessuno però ha specificato cosa bisognasse indossare.
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