“Ed ora? Dove si va?” Questa è stata forse la frase più ridondante di questo primo mese. Sono “arrivato”qui a Colonia dopo un lungo viaggio on the road con un vecchio amico, visitando altri amici e parenti: da Bari al Monferrato, da Marsiglia ad Auxillac e poi Tolouse, da Saragozza a Bilbao, poi Parigi, Amsterdam e Neuss. Piccole realtà e grandi metropoli, vuote, a tratti deserte, in un periodo dove viaggiare non è più così facile ne scontato.
“Chiavi, portafoglio, cellulare, e… ah! La mascherina!” ce ne ho messo di tempo per assumere questo comportamento anche viaggiando ma ma alla fine ne avevo sempre una. Qualcuna in macchina, una nello zaino, una nella giacca ed una per pantalone, lavabili e riutilizzabili “che la pandemia non faccia da scusa per cedere alla pigrizia del monouso, Francesco!”.
Ma alla fine, dopo 27 giorni di viaggio, sono “arrivato” (sempre tra virgolette, per quanto scontato possa suonare la vita stessa è un costante viaggiare) a Colonia, la mia destinazione, la mia casa per l’anno a venire.
Tampone Covid: Negativo, c’era da aspettarselo, siamo stati bravi, ma dopo quasi 6 mila chilometri di viaggio meglio esser certi.
Sfortunatamente l’associazione per cui lavoro, a causa della attuale situazione, non era riuscita a risolvere in maniera definitiva la nostra situazione abitativa al mio arrivo, comunque riuscendo a dare a ciascuno dei 4 volontari uno spazio in cui vivere anche se non tutti insieme, come ci aspettavamo.
Italiano, Inglese, Greco ed Islandese, queste le quattro lingue native del team di volontari di Dragon Legion, associazione con sede ad Aachen e quartier generale a Colonia, attiva nel campo della gamification, dell’educazione non formale, del game design e delle mobilità giovanili.
All’inizio, in ufficio, mi sono sentito in colpa: seduto mentre lavoravo, specie quella volta scrivendo magie per un sistema di gioco di ruolo, un tool per l’educazione non formale, per far praticare, subdolamente, le proprie abilità comunicative, interpersonali e di cooperazione vivendo una storia immersiva in un ambiente magico ed accattivante. Il lavoro, per me, era sempre stato noioso, o per lo meno non divertente e ritrovarmi lì, facendo qualcosa di così magico faceva automaticamente scattare nel mio cervello uno strano senso di colpa, come se quello che stessi facendo non potesse esser concepito come lavoro.
Ormai sono oltre questa percezione distorta che avevo del lavoro, ed ho capito che l’importante è la passione (altro concetto scontato, ma quanti, alla fine, lavorano per passione?) e che non conterò mai le ore che sono in ufficio, se in quell’ufficio c’è spazio, appunto, per qualcosa che mi appassiona.
L’associazione ha organizzato per noi dei piccoli tour per scoprire un po’ questa regione ed abbiamo potuto visitare il castello di Eltz, uno dei pochi castelli mai espugnati d’Europa e considerato uno dei più bei castelli in Germania. Un gioiello nella Renania, in possesso della famiglia Eltz da 33 generazioni, dal XII secolo per l’esattezza… sicuramente bravi nei giochi di potere questi Eltz!
Abbiamo poi avuto occasione di esplorare Colonia e dintorni, scoprendo come giovani ragazzi e ragazze, ben più giovani di me, non solo in quelle strade di Colonia ma in tutta la Germania nazista organizzavano in quei tempi bui gruppi di resistenza. Si facevano chiamare Edelweiß, come quel fiore cocciuto, la stella alpina, che cresce a dispetto di tutto e tutti, tra le rocce e al freddo, quasi senza terra in cui piantare i piedi.
Siamo anche stati ospiti per una settimana nella Jugendakademie vicino Colonia, struttura abbastanza lontana dalla città ed immersa nel verde, dove si è svolto un seminario sulla mobilità europea e sul volontariato. Lì siamo stati, sempre con le dovute misure di distanziamento, in contatto con altri ragazzi e ragazze coinvolti in progetti di volontariato. Eravamo un gruppo di 18 persone, incluse le due facilitatrici dell’associazione host, provenienti da 12 diversi paesi: Spagna, Italia, Islanda, Grecia, Danimarca, Ungheria, Regno Unito, Lettonia, Russia, Germania, Francia e Polonia. Tutti diversi, provenienti dalle più disparate realtà e coinvolti nei progetti più vari, ma condividendo la stessa avventura: vivere un anno in un paese straniero, dove poter lavorare facendo qualcosa di bello.
E tutto questo in poco più di un mese, poco più di due contando il viaggio che mi ha portato qui.
Non vedo l’ora di leggere cosa scriverò fra 10 mesi, ma senza fretta, voglio viverli il più lentamente possibile.