Un progetto complesso che va capito lentamente e vissuto in maniera piena.
Sono partita senza grandi aspettative, provvista solo delle informazioni logistiche che bastavano a malapena a colmare le mie preoccupazioni.
Essendo il mio primo progetto Erasmus non mi aspettavo di trovare un’organizzazione così presente e delle persone attente all’accoglienza e ai bisogni dei partecipanti.
Proprio il primo giorno, infatti, ci siamo ritrovati nella stazione principale di Praga e dopo esserci timidamente presentati siamo stati accompagnati in un autobus che ci ha condotto a Černý Důl. Quel viaggio di poco più di tre ore mi è sembrato infinito, in quel momento pensavo al fatto che mi stavo dirigendo a in un paese sperduto in montagna con persone con cui non avrei legato, che se mi fossi trovata male non sarei potuta tornare a Praga senza spendere un capitale per il taxi e che l’autista era decisamente troppo lento. Questo era lo spirito con il quale mi accingevo ad affrontare il progetto: silenziosamente in panico. Finalmente arriviamo all’Hotel Arum, una location carinissima, in linea con le tipiche case montane e con tutti i servizi per i turisti quali la piscina, la sauna e il ristorante. Mi assegnano una stanza con una Polacca e una Spagnola, metto da parte il mio imbarazzo e iniziamo a parlare, da quel momento in poi tutto cambia di colore. Inizio questa routine nuova e concitata che prevede l’alzarsi presto, rassettare velocemente la stanza, cercare di farsi capire in inglese di prima mattina per organizzare la giornata (cosa non facile per chi non parla neanche l’italiano appena sveglio), incontrare il resto del gruppo e iniziare il Training Course. Quest’Ultimo consisteva in incontri che avevano come tema comune lo sviluppo del pensiero critico in maniera trasversale e attraverso strumenti pratici e funzionali al benessere individuale e collettivo. Le attività erano molteplici e ben organizzate: da quelle iniziali che favorivano l’apertura e la conoscenza del gruppo a quelle competitive fino alle più teoriche che non sempre erano facili da seguire, sia per il contenuto che per lo stato di stanchezza mentale compromesso dalle poche ore di sonno. A proposito delle serate e del clima festoso che si è creato in quei pochi giorni, mai mi sarei immaginata che in una settimana si potesse condividere così tanto, nonostante il tempo e i limiti linguistici del caso. Quasi ogni sera ci ritrovavamo a cantare insieme in un posto isolato intorno ad un timido fuocherello improvvisato, in mezzo a un boschetto di nessuno ma un po’ più nostro che di altri. I giorni sono passati così tra risate, accenti strani e gesti impacciati per rattoppare là dove mancavano i vocaboli. Il valore del progetto io l’ho ritrovato nelle persone che ho incontrato: diverse tra di loro ma accomunate da tanta voglia di fare e di vivere. Un’attitudine e un modo di essere capace di ispirarmi anche adesso che ripercorro i momenti condivisi.
Mi sono portata a casa poche risposte ma tante domande sul mio futuro che solo ora ho voglia di chiedermi. La prima riguarda la data della prossima partenza…