Un compleanno diverso…
Arriva il fischio finale di Juventus-Inter, nel silenzio di quello stadio di Torino praticamente vuoto, con le solite polemiche del post partita tipicamente italiane.
Ero con qualche amico, in casa a guardare la partita e a scambiare quattro chiacchiere poche ore prima che il DPCM del 9 marzo estendesse le restrizioni di movimento e il divieto di assembramento a tutto il territorio nazionale.
In ufficio, per la settimana successiva cominciano le alternanze e si insinua un po’ di preoccupazione nel petto di tutti. Poi chiusura totale e tutti in casa. Io con Artù, il mio piccolo lupo. Un cambiamento rapidissimo.
Non avrei scommesso molto sulla tenuta dei miei nervi, perché sono spesso fuori casa con amici e altrettanto spesso scelgo qualche momento di solitudine in pace, senza che fosse imposta. Ho da subito provato ad agire su diversi fronti: allenamento, alimentazione sotto controllo, un po’ di meditazione, libri (Il miglio verde di S. King su tutti, ovviamente), giornali e musica.
Fortunatamente le brevi passeggiate con Artù sono state il metronomo di questi giorni apparentemente tutti uguali e mi hanno sempre garantito una boccata d’aria all’aperto, anche se soltanto intorno all’isolato.
Prima della pandemia non avevo mai amato usare troppo il cellulare per preferire maggiormente rapporti dal vivo, nella realtà fisica di tutti i giorni o di esperienze condivise come concerti, serate e cose così. Ma il caso vuole che la mia famiglia è divisa tra quattro diverse zone d’Italia e che il mio trentesimo compleanno arrivasse proprio nel bel mezzo della quarantena. Avrei giurato ed ero seriamente convinto, che nonostante la mia nuova routine a prova di crollo mentale, in quei due tre giorni vicini a quella data, sarei stato parecchio triste, per la festa mancata ma soprattutto per gli incontri persi con famiglia e amici.
Il silenzio si impadronisce del rumore dei miei pensieri la notte precedente, e faccio molta fatica a dormire, perciò decido di leggere, ma questa volta non funziona come ninna nanna, allora mi addormento tardissimo dopo molti capitoli, rassegnato nel mare di tristezza che cominciava a bagnarmi i piedi.
Il mio cellulare comincia a squillare verso le dieci del mattino, ero sveglio da poco; la mia amica Francesca, mi fa gli auguri e mi inganna dolcemente per farmi togliere le cuffie con cui mi stavo stordendo mente facevo pulizie per distrarmi e non pensare. Il citofono non funziona, ma Artù segnala la presenza con qualche ululato e mi ritrovo alla porta un corriere in vespa equipaggiato di guanti e mascherina che mi consegna un kit per gin tonic. Poche ore dopo, ricevo da altri amici, allo stesso modo una torta buonissima e un panino da Pescaria con una bottiglia di vino di Cerignola spettacolare ❤️ qui a Torino.
C’è stato tempo anche di riprendere ad andare in ufficio, con pochissimi colleghi, a distanza, dotati di guanti e mascherine che ci costringono a fissarci tutti negli occhi pieni degli stessi timori e ansie condivise, ma con la ritrovata possibilità di scambiare due chiacchiere con qualche altro essere umano.
Confesso che le preoccupazioni per la famiglia lontana, per i rischi ancora molto alti, ci sono tutte; però ecco è stato bello poter ripartire anche in una nuova e molto strana normalità. Per me ci sono stati diversi benefici dalla quarantena, nonostante tutto e sono convinto che tutti in modo diverso hanno provato qualcosa di simile, insieme a noia, frustrazione e tristezza più che legittimi in questo momento.
In ufficio ho notato che abbiamo tanto entusiasmo e voglia per essere tornati in ballo, così come tutti avremo voglia di abbracciarci quando sarà sicuro poterlo fare. Non dimenticherò mai l’esplosione di affetto e amore ricevuti e le mie energie spese per non crollare e per questo cerco di stare vicino alle persone che sento, più che posso anche soltanto per sapere come stanno o com’è stata la loro giornata. In questi giorni ciò che mi manca e che ci manca di più é proprio l’essenziale, che magari prima era così scontato e abbondante da non essere quasi più rilevante: un abbraccio, una birra insieme, un “come stai, com’è andata”, che ho potuto condividere anche con i poliziotti che hanno controllato i miei documenti e la mia autocertificazione versione 4.0😁.
È stato anche un prezioso momento di riflessione e soprattutto di tanto ascolto, in cui ho potuto cogliere dettagli che con i soliti ritmi frenetici era impossibile notare. Auguro a chiunque di resistere nella propria lotta contro la noia, nelle nuove sfide della quarantena e sopratutto nella realtà dei prossimi mesi, sono sicuro che insieme riusciremo a superare tutto.”
Ti è piaciuto questo racconto? Per leggere altre storie di “Viaggiatori in pantofole” clicca »QUI«