La mia prima esperienza con il programma Erasmus+ è stata molto stimolante e per certi versi rivelatrice; mi piacerebbe riuscire a raccontare almeno in parte quello che ha significato per me!
La destinazione è un bellissimo camping in una cittadina di 3000 abitanti: Aulum, situata nella regione Midtjylland dal lato della costa Occidentale della penisola danese.
Il primo grande scontro è quello liguistico, il danese ha delle parole impronunciabili! Il fatto che tutti conoscano l’inglese è una vera fortuna.
Dopo un lungo viaggio arrivo a destinazione, incontro i ragazzi dell’organizzazione, mi viene mostrata la struttura, assegnata la stanza e spiegato brevemente il programma. Una volta sistemati i bagagli mi riunisco col gruppo italiano, mangiamo una deliziosa cena e ci guardiamo intorno. La struttura è grande e confortevole ma la mia parte preferita è il parco, essere immersi nel verde dei paesaggi danesi è rigenerante!
Siamo una trentina di persone circa, piccoli gruppi provenienti da diversi Paesi: Italia, Romania, Slovacchia, Polonia e Lituania. Le interazioni sono brevi ma piacevoli, abbiamo tempo per un paio di dialoghi conoscitivi e sveniamo a letto, curiosi di iniziare questo progetto insieme.
Ogni giornata ha la propria serata culturale in cui i rappresentanti del Paese scelto propongono video infromativi e divertenti in riferimento alla propria cultura, il tutto condito con un kahoot finale che accende contemporaneamente il nostro spirito competitivo e il desiderio di imparare.
Il programma diurno è variegato, composto da attività ricreative improntate sul dialogo. Col passare dei giorni il confronto diventa sempre più riflessivo, mascherati dal gioco emergono le nostre insicurezze e i nostri punti di forza, siamo posti di fronte all’evidente necessità di darci delle risposte, di definire i nostri obiettivi e affermare noi stessi sfruttando al meglio i mezzi a nostra disposizione; la socialità acquista inevitabilmente una dimensione introspettiva.
Le conversazioni sono un arricchimento continuo, mi rendo conto che nonostante le differenze culturali abbiamo tantissimi punti in comune: la voglia di imparare, di investire in noi stessi e di metterci in gioco per costruire qualcosa di solido ed unitario. Condividiamo paure e desideri, ci apriamo l’uno all’altro mostrandoci vulnerabili ma propositivi e dopo qualche giorno ci accorgiamo di aver creato delle reali connessioni con tutti i presenti, si toccano gli argomenti più disparati e vi è un mutuo rispetto delle opinioni, non c’è paura di esprimersi e la complicità è palpabile.
L’ultima sera sembra irreale, nessuno vuole credere che il progetto sia giunto al termine e solo quando varco la soglia dell’aeroporto realizzo di essere arrivata alla fine di questa esperienza. La possibilità di mantenere i contatti rende l’addio meno triste e l’attività su networking skills dà i propri frutti.
Ci sarebbero tante altre cose da dire ma mi fermerò qui. Se dovessi riassumere questo progetto in due parole? ‘SLANCIO VITALE’, provare per credere 😉